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Qui e allora? cadere dalle nuvole non è poi cosi male

Antropologo in una epoca di passaggio. È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei. Sto facendo del mio meglio per essere all’altezza di me stesso. Nessuno può farlo per me.

il senso dell’essere e non del dovere

Come può la naturale realizzazione essere un dovere? Una pianta di ciliegio non produce tutti gli anni la medesima quantità di frutti… Lo spontaneo realizzarsi è un potere che entra in comunione con gli eventi, si adatta e si manifesta riflettendo il contesto e l’ambiente circostante… Adattabilità e versatilità sono doti presenti nella marzialità come nella natura e che, potrebbero essere riassunte nella frase: “stare a proprio agio nel disagio”? Trovare e ricercare l’equilibrio nel disequilibrio, osservare il pacifico ordine nel belligerante disordine è un intento sacro, che non richiede altro che assenza di sforzi? Come quel ciliegio che cresce, s’espande ed evolve in ogni direzione, anche quando ad un metro dal tronco può esserci un dirupo e… “Senza opporre resistenza” continua imperterrito nell’evoluzione, nella missione, nel cammino… oltre quel burrone, quel vuoto limite che (non) c’è…

Trilok Gurtu – MAYA

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non c’è un per sempre

L’amore è innanzitutto la nostra lontananza dalle cose, nel migliore dei casi – annullamento di questa distanza, cioè fusione (Marina Cvetaeva)

Questo è un regalo. Abbiate pazienza per il sound ormai sintettizzato per il mondo di oggi, ma lasciatela stare.

Pezzo moolto bello.

La poetica, si dice essere ripresa, credo vivendola, dalla poetessa russa Marina Cveteava, ma io ci sento la poetessa citata nel mondo pop , ma provo a non scriverlo ( Mariangela Gualtieri… Jova ecc )

Io amo di questa canzone per come armonizza un sentimento collettivo. Da voce, a quella vocina. Rimango leggero 😀

Credo questo sia quello di cui la musica si debba occupare

Sguardi

Là dove si indirizza il nostro sguardo, abita Anima nelle sue infinite possibilità… (e.s.)

immagine : Giorgione, Le tre età dell’uomo, Galleria palatina, Firenze, Firenze (ca 1505 – ca 1510)

Mettere a massa

“La massa come tale è sempre anonima e irresponsabile, e i cosiddetti condottieri non sono che i sintomi inevitabili di un movimento di massa.

I veri condottieri sono coloro che meditano su se stessi e alleggeriscono del proprio peso il peso della massa, poiché si tengono coscientemente lontani dalla cieca naturalità della massa turbolenta.

Ma chi può sottrarsi a quella forza di attrazione che sopraffà ogni cosa quando l’uno si aggrappa all’altro e lo trascina con sé?

Unicamente colui che non vive soltanto nel mondo esterno, ma anche nel mondo interiore.”

  • Carl Gustav Jung, 1933, “Il significato della psicologia per i tempi moderni”

“Homo homini lupus” è una sentenza triste ma purtroppo eternamente vera. In realtà l’uomo ha ragione di temere queste forze estranee alla sua personalità, che hanno sede nell’inconscio. Noi siamo, nei riguardi di queste forze, in uno stato di beata incoscienza, perché nei nostri affari personali e in circostanze ordinarie esse non appaiono mai. Ma quando molti uomini si raccolgono assieme e formano folla, si scatenano le bestie e i demoni, che dormono in ogni essere umano finché questi non si trovi ad essere una particella della massa. L’uomo nella massa scende, inconsciamente, a quel livello morale e intellettuale inferiore, che sempre l’attende sotto i limiti della coscienza, ove forze oscure sono pronte a scatenarsi, non appena siano incoraggiate e stimolate dal costituirsi d’una massa. […]
Un essere gentile e ragionevole può trasformarsi in un pazzo furioso o in una bestia feroce. Siamo sempre tentati di attribuire la responsabilità a circostanze esterne, ma nulla potrebbe esplodere in noi, se non vi esistesse già. In realtà noi viviamo in continuazione sopra un vulcano e a quel che sappiamo non è umanamente possibile difendersi contro un’eventuale eruzione che distruggerà chiunque si trovi entro il suo raggio di azione.

Psicologia e religione pag. 24, 25
Carl G. Jung

Grazie Jung Italia

Auguriamoci

Di imparare a salutarci, a onorarci perché stiamo passando.

Chandra Livia Candiani

la vita, per l’arte, è cortissima

Einstein la pensava così: «Il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è giunto a liberarsi dell’io». E la medesima prospettiva che si ritrova nelle grandi dottrine spirituali, per esempio il buddhismo definisce il non-sé «sigillo del Dharma» e Gesù invita chi vuole seguirlo a «rinnegare se stesso» (Marco 8,34). Questa liberazione dall’io non significa non curare la propria interiorità e non amare se stessi; significa piuttosto che il valore di un essere umano non dipende da ciò che ha, non dipende da ciò che sa, non dipende neppure da ciò che è, ma dipende dalla misura in cui è giunto a trascendere il suo ego perché l’ha posto al servizio di qualcosa di più grande e di più importante. Il valore di un essere umano dipende dalla sua capacità di creare relazione, di dedicarsi, di uscire da sé, di aprirsi, di abbracciare, di amare. Il Processo cosmico ci immette in questa stupefacente avventura: noi siamo un pezzo di materia capace di creare relazione, di dedicarsi, di uscire da sé, di aprirsi, di abbracciare, di amare. Seguendo tale logica si attua la liberazione dall’ego, la meta di ogni autentica esperienza spirituale, la prima e più necessaria ecologia. Da essa può rinascere la visione del mondo e della natura di cui questa vita ha bisogno per tornare a fiorire.

Eros

COSI’ GLI ANTICHI PREGAVANO EROS ❤

” Ti invoco, origine di ogni divenire, che spieghi le tue ali su tutta la terra, tu inavvicinabile e infinito, che ispiri pensieri di vita a tutte le anime, che tutti hai fuso insieme, con il tuo potere. Tu primogenito, creatore dell’universo, dalle ali d’oro, tu oscuro, che veli tutti i propositi ragionevoli e ispiri tenebrose passioni, tu segreto, che vivi nascosto in tutte le anime, che susciti il fuoco invisibile toccando ogni cosa animata, tormentandole instancabile con voluttà e dolorose delizie da quando esiste l’universo; che provochi il dolore con la tua presenza. A volte ragionevole, a volte insensata. Tu per il quale gli esseri umani con ardire trascurano il dovere e presso il quale cercano oscuro rifugio. Tu ultimogenito, il fuorilegge, lo spietato, l’inesorabile, l’invisibile, il generatore senza corpo delle passioni. Tu arciere e portatore di fiaccola, tu signore di ogni percezione spirituale e di tutte le cose nascoste, tu signore dell’oblio, tu padre del silenzio, per il quale e verso il quale ogni luce si irradia, bambinello quando nasci nei cuori, vegliardo quando sei consumato …”

Papyri Graeciae Magicae, trad. da Marie-Louise von Franz, L’asino d’oro, p.75

” Eros non è sentimento, ma ha a che fare con i sentimenti; non è un modo di pensare ma ha a che fare con il pensiero; non è un modo di essere, anche se può esprimersi in un’infinità di modi di essere. Per questo, io credo, gli antichi lo sentivano così diverso dagli altri dèi. Un demone, più che un dio. […] L’eros colpisce il punto centrale e mette l’anima alla prova: ce la farà a sopportare il bruciore di quella ferita o rimarrà distrutta dal suo fuoco? Non è questione oziosa perchè, o si riesce ad accogliere l’eros, o l’anima muore “.

Marina Valcarenghi, Il padre del silenzio

Sintomi

Copia e incolla

” Un altro assioma di Hillman: «L’anima è costretta ad ammalarsi sempre di nuovo, finché non ha ottenuto ciò che vuole». […] Cerca il mito del sintomo, rintraccia la fantasia e il desiderio, perché nel comportamento sintomatico si trovano i segni del telos dell’anima, le direzioni in cui essa vuole andare. Il sintomo è una possibilità che ci è offerta, non solo una sofferenza. “

Thomas Moore, Fuochi blù

immagine : ” Psiche apre lo scrigno d’oro”, John William Waterhouse (1903)

consiglio l’ascolto. La musica è l’olfatto dell’anima.

Amandosi

HILLMAN & L’AMORE, ancora…

” L’amore acceca soltanto la vista comune; esso apre un nuovo modo di percepire, perché si può essere pienamente rivelati soltanto alla vista dell’amore. Le intuizioni riflessive possono sorgere come il loto dall’immobile centro del lago della meditazione, mentre le intuizioni creative spuntano sul delicato margine del confronto, nei punti di confine dove siamo più sensibili ed esposti – e, curiosamente, più soli. Per incontrarti, debbo rischiare me stesso così come sono. L’uomo nella sua nudità è chiamato alla prova. Sarebbe più sicuro riflettere in solitudine che confrontarsi con te. E anche la massima favorita della psicologia riflessiva – una psicologia che ha quale sua principale meta non tanto l’amore quanto la coscienza –, il «Conosci te stesso», sarà insufficiente per una psicologia creativa. Non «Conosci te stesso» attraverso la riflessione, ma «Rivela te stesso», che equivale al comandamento di amare, giacché in nessun luogo siamo più rivelati che nel nostro amore.
[…] L’amore accieca allo scopo di estinguere la fallace visione di tutti i giorni, così che possa aprirsi un altro occhio, che percepisce da anima ad anima. La prospettiva abituale non può vedere attraverso la spessa pelle delle apparenze: come appari, come ti vesti, come stai. L’occhio cieco dell’amore penetra nell’invisibile, rendendo trasparente l’opaco errore del mio amare. Io vedo il simbolo che tu sei e ciò che tu significhi per la mia morte. Posso vedere in trasparenza la cieca e sciocca visibilità che tutti gli altri vedono e indagare la necessità psichica della mia brama erotica. Scopro che ovunque l’eros vada, lì accade qualcosa di psicologico, e che ovunque la psiche viva, l’eros verrà inevitabilmente costellato. […]
Ma se qualcosa abbiamo imparato dai rituali della nuova forma di vita di questi ultimi settant’anni, è proprio e soltanto questo: non possiamo riuscirci da soli. L’opus dell’anima ha bisogno di intimo rapporto, non soltanto per individuarsi ma anche solo per vivere. Per questo abbiamo bisogno di rapporti del tipo più profondo attraverso cui realizzare noi stessi, rapporti dove è possibile l’autorivelazione, dove l’interesse e l’amore per l’anima sono capitali e dove l’eros può muoversi liberamente – nell’analisi, nel matrimonio e nella famiglia, o tra amanti o amici. “

James Hillman, Il mito dell’analisi

Una ipotesi di un perché

«Per circa 5 milioni di anni, e cioè per il 99,99% della nostra storia (di cacciatori e raccoglitori), abbiamo ignorato la connessione esistente tra atto sessuale e procreazione. Per tutto questo periodo abbiamo considerato “magica” l’interruzione delle mestruazioni, “magico” l’ingrossamento del ventre della donna, e “magico” per eccellenza il parto. In altre parole, per la quasi totalità della nostra evoluzione abbiamo ignorato l’esistenza e la nozione di paternità: è soltanto a partire dal Neolitico – cioè appena 8000 anni fa – che, osservando gli animali allevati, abbiamo incominciato a mettere in relazione l’atto sessuale con la procreazione, e per conseguenza abbiamo sviluppato anche la nozione religiosa del cielo padre che feconda la madre terra (mentre la Grande Dea del Paleolitico generava tutto da sé magicamente, a sua volta generata magicamente da un totem animale-femmina). Alla scoperta del ruolo della paternità sono purtroppo associate le più nefaste conseguenze che hanno portato al disastro contemporaneo: ad esempio la nascita della società stratificata fondata sul dominio, sulla forza e sulla proprietà, con la conseguente nascita di guerre per il possesso dei beni; o anche la nascita di religioni in cui è il Dio padre a creare “a sua immagine” gli uomini, a punirli se non obbediscono ai suoi precetti, a incitarli a soggiogare gli altri animali (così come è scritto nella “Genesi”), a consentire o addirittura comandare loro di sottomettere la donna in diverse circostanze. Per fortuna le parole hanno una memoria millenaria, e dietro la parola del “Dio” maschile (deus, theós, dyáus) possiamo ancora intravedere la presenza di concezioni più arcaiche e non violente legate alla Dea, successivamente predate e fatte proprie dalla concezione del creatore maschile, dal momento che essa è connessa alla radice indeuropea “dhe”, che significa ‘allattare’».

[Da F. Benozzo, “Eros e Thanatos nella preistoria”, pubblicato su «Rivista Italiana di Sessuologia»]

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