«Per circa 5 milioni di anni, e cioè per il 99,99% della nostra storia (di cacciatori e raccoglitori), abbiamo ignorato la connessione esistente tra atto sessuale e procreazione. Per tutto questo periodo abbiamo considerato “magica” l’interruzione delle mestruazioni, “magico” l’ingrossamento del ventre della donna, e “magico” per eccellenza il parto. In altre parole, per la quasi totalità della nostra evoluzione abbiamo ignorato l’esistenza e la nozione di paternità: è soltanto a partire dal Neolitico – cioè appena 8000 anni fa – che, osservando gli animali allevati, abbiamo incominciato a mettere in relazione l’atto sessuale con la procreazione, e per conseguenza abbiamo sviluppato anche la nozione religiosa del cielo padre che feconda la madre terra (mentre la Grande Dea del Paleolitico generava tutto da sé magicamente, a sua volta generata magicamente da un totem animale-femmina). Alla scoperta del ruolo della paternità sono purtroppo associate le più nefaste conseguenze che hanno portato al disastro contemporaneo: ad esempio la nascita della società stratificata fondata sul dominio, sulla forza e sulla proprietà, con la conseguente nascita di guerre per il possesso dei beni; o anche la nascita di religioni in cui è il Dio padre a creare “a sua immagine” gli uomini, a punirli se non obbediscono ai suoi precetti, a incitarli a soggiogare gli altri animali (così come è scritto nella “Genesi”), a consentire o addirittura comandare loro di sottomettere la donna in diverse circostanze. Per fortuna le parole hanno una memoria millenaria, e dietro la parola del “Dio” maschile (deus, theós, dyáus) possiamo ancora intravedere la presenza di concezioni più arcaiche e non violente legate alla Dea, successivamente predate e fatte proprie dalla concezione del creatore maschile, dal momento che essa è connessa alla radice indeuropea “dhe”, che significa ‘allattare’».
[Da F. Benozzo, “Eros e Thanatos nella preistoria”, pubblicato su «Rivista Italiana di Sessuologia»]
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